Loading...

Gallerie e arte

Il primo paesaggio che ammiro è decisamente impressionista: la bruma del mattino rende l’umidità sul coraggioso manto erboso invernale quasi reale, al punto che mi sembra di percepirla al tatto. Più in alto le colline sono avvolte da una leggera nebbia, rosata dai primi timidi raggi di un sole che ce la metterà tutta per scaldare almeno il cuore di chi avrà la fortuna di vivere questa giornata. Mi ricorda molto Manet, mi sembra quasi di essere dentro i suoi occhi, velati dalla cataratta, il mondo sfuocato che mi avvolge pare proteggere da tutto il brutto che esiste nella realtà, riservandomi solo la bellezza dell’incerto.

Segue poi un acquerello: la nebbia si è diradata, ma restano i contorni sfumati a coinvolgere chi ammira questa bellezza, quasi a chiedere allo spettatore di completare l’opera con la propria percezione e assolutamente unica sensibilità. In lontananza si intravede un vecchio casolare, vicino a un fiumiciattolo.

Un ponte più in primo piano collega il paesaggio con me, sembra tridimensionale, mi sta invitando a ‘entrare nel quadro’, io resto lì, a metà, indecisa se restare nell’ovvio o tuffarmi nel colore.

Il prossimo mi riporta a Canaletto, il ‘fotografo’ dell’arte: meticoloso, preciso, dettagliato; me lo immagino lasciare Venezia e i suoi canali e ritrarre questo paesaggio campestre. Se avessi una foto dell’epoca, sono certa che faticherei a distinguere l’opera d’arte dallo scatto: c’è tutto, le venature sui rami del grande albero che domina il paesaggio, il disegno dei mattoni di una casupola che sullo sfondo prova a fare il verso al gigante in primo piano, i fusti avvizziti degli alberelli sui lati, in trepida attesa della primavera, che ridoni loro un po’ di sfarzo consentendo di rubare la scena ai sempreverdi.

Infine mi ritrovo immersa nella modernità: ciminiere, fabbriche, edifici, tutti inglobati in un turbinio, è una tela di Boccioni, ne sono certa, il vortice industriale che non rinuncia al colore.

A volte per ammirare l’arte non serve andare in una galleria o visitare un’esposizione, basta guardare ogni tanto fuori dal finestrino di un treno. Da Roma a Milano posso sospirare osservando paesaggi, cercare incuriosita dettagli su chiese mai notate prima, sentire la natura che vive, pulsa, cambia sotto i miei occhi man mano che percorro chilometri, trasportandomi da colline a montagne innevate, a pianure infinite, sotto un cielo che da nero diventa roseo e si arrende all’alba, poi grigio infine blu, proprio blu dove non te lo aspetti, passato l’ultimo confine regionale, quello tra Emilia Romagna e Lombardia, prima di scendere a Milano, mia destinazione finale.

E’ una mostra in continuo allestimento quella che viene donata al viaggiatore attento, pronta a stupire anche all’ennesimo viaggio, proprio come una bella tela, ogni volta che si torna ad ammirarla. Nessun giorno è uguale all’altro, nessun luogo uguale a se stesso: guardare, osservare, vivere e farsi vivere.. poco altro serve per sentirsi grati e felici.

Nota sull’immagine di questo post:

L’acquerello che potete ammirare in questo post è opera di un’artista che mi pregio di chiamare amica, Maria Grazia. Vi consiglio di visitare la sua ‘galleria’ su Instagram: @spaziograce , o una delle sue mostre, se la vostra città avrà la fortuna di ospitarla.

5 Mi piace

You might also like

No Comments

Leave a Reply

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.