In uno degli ultimi libri letti, Ragazzo Italiano di Gian Arturo Ferrari, mi sono imbattuta in una parola per me bellissima: baluginìo.
Il baluginio è un chiarore tenue e intermittente (Dizionario Zanichelli), un luccichio che solitamente si distingue perchè appare in un contesto buio, scuro.
Il suono stesso della parola mi invita a pronunciarla sottovoce, per non guastare l’atmosfera incerta che in genere la introduce.
Il baluginio può essere l’improvviso chiarore del sole o della luna che sorgono, lo splendere delle stelle in un cielo orfano dell’astro notturno più lucente, o il lucore (altro termine meraviglioso) di una candela, della sua luce soffusa in una stanza.
Questo termine può essere anche il risvegliarsi del pensiero, dell’anima, l’improvviso ma pacato risplendere di un’idea, che balugina all’improvviso nella testa di qualcuno, come la voglia di scrivere questo post mentre ero occupata in tutt’altra attività di studio.
Quante volte in passato, volando di notte, nell’oscurità totale, voltandomi distrattamente verso il finestrino, o di passaggio in cabina di pilotaggio, ho intercettato il baluginio della luna o, in sua assenza, di milioni di stelle che popolavano il cielo con il loro tipico chiarore intermittente… Non c’è termine migliore per descrivere quella luce… baluginìo.
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