Era appena passata mezzanotte quando, sfogliando la rassegna stampa del giorno appena passato, mi sono resa conto che era da poco scorso un altro undici settembre, e per la prima volta in diciassette anni io lo avevo dimenticato. Per un attimo mi sono sentita in colpa; poi, una volta cullato, come un bimbo da consolare, il ricordo quei fatti, ripercorrendo le ore di diretta televisiva, lo sconforto, il senso di sconfitta di tutto il genere umano provato quel giorno, ho rivolto il mio pensiero a oggi, un giorno nuovo, l’inizio di un nuovo anno scolastico qui per noi, il miscuglio di timori, speranze, entusiasmo che da sempre e per sempre accompagnerà chi si appresta ad affrontarlo. Ho ripensato al mio albero preferito a Ground Zero, quello bruciacchiato, unico superstite di quel terribile giorno, salvato da fuoco e macerie, sradicato e in seguito ripiantato lì, dove una volta si ergevano le Twin Towers, umile e orgoglioso testimone di una necessaria e dovuta rinascita, del bisogno, del dovere di tornare a vivere e guardare avanti.
Ogni giorno, presso il Memorial 9/11 decine di rose abbelliscono il bordo delle fontane, dove sono incisi i nomi dei caduti. Non sono disposte a caso, ma sui nomi di chi, in quella data , avrebbe festeggiato il proprio compleanno. Un albero, una rosa, simboli inconsapevoli del doveroso ricordo di chi non c’è più e del faticoso rialzarsi di coloro i quali quella mattina di settembre ce l’hanno fatta, o sono stati risparmiati, sono rimasti e sono chiamati a vivere con pienezza anche per chi da quel giorno, ogni anno riceve in regalo una rosa.
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Ho i brividi