Tempo di libri, giornata dedicata solo a me stessa e alla mia passione. Mi aggiro tra i padiglioni con la stessa espressione che caratterizza mia figlia nella corsia delle caramelle di un qualsiasi supermercato. Ho riempito il programma ufficiale della fiera con frecce e cerchi su orari e incontri ai quali vorrei partecipare.
Alle 1530 Maurizio Bono intervista Paolo Cognetti e Mario Desiati. Stavolta arrivo in tempo per l’inizio della conversazione con questi due autori, entrambi editi da Einaudi.
Non conosco Desiati ma ho comprato Le Otto Montagne, il libro di Cognetti, per regalarlo dietro consiglio di una lettrice a una persona cara che ama la montagna. Inizialmente confondo i due, credo che Cognetti, da oggi uno dei dodici finalisti del premio Strega, sia l’uomo sulla destra: capelli scuri, baffi, camicia chiara, disinvolto e loquace. Alla seconda domanda, rivolta a Desiati, mi rendo conto che Cognetti è l’altro: capigliatura rossa, così come la folta barba, indossa una maglietta verde, pantaloni sportivi; sembra non essere a suo agio e per questo entro subito in empatia con lui; al suo posto anche io avrei difficoltà ad affrontare un pubblico, non mi piace apparire, preferisco lo scrivere al parlare, è sempre stato così.
La conversazione inizia ed è subito coinvolgente: la riservatezza di un ospite compensa la spigliatezza dell’altro. E’ una boccata d’aria fresca dopo essere uscita da un’altra sala dove autrici donne sembravano avere come unica preoccupazione il ravvivarsi i capelli o sorridere in modo accattivante al pubblico. Qui trovo fortunatamente sostanza invece di forma.
L’intervista è molto interessante: malgrado i due romanzi siano molto diversi i due autori si amalgamano bene nell’insieme di domande preparate dall’esperto intervistatore. Al termine dell’incontro entrambi vengono invitati a leggere alcune righe della propria opera. Quando è il suo turno Cognetti è finalmente a suo agio: inizia a leggere, la platea tace, l’estratto scelto è molto profondo, mi convince. Seguirò il consiglio della mia amica lettrice e leggerò anch’io Le Otto Montagne.
La giornata passa e la sporta carica di libri è ormai colma. Decido che è ora di tornare a casa, adagiare con cura ogni volume sul letto e ammirare i miei acquisti pianificandone la lettura. Sto correndo a prendere il treno quando vicino al mio binario scorgo la maglia verde, la barba rossa, è lui, Cognetti: cammina in compagnia dei suoi pensieri, non ha fretta, sembra non avere una destinazione, o forse la destinazione l’ha raggiunta: fama, riconoscimento cui non sembra peraltro dare particolare importanza. Salgo sul treno pensando ancora a quella figura laggiù che nessuno riconosce, una mente piena di di parole, un cuore che sa dare loro intensità e calore, un candidato al Premio Strega, uno come noi.
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Uno di noi, dice, ha ragione… come ho avuto modo di scrivere ad una cara amica per una occasione particolarissima nei giorni scorsi “spesso non abbiamo consapevolezza ma viviamo il Mondo più di quanto non pensiamo… ma il Mondo, per fortuna, non dimentica…”
Quanti”Cognetti” si stanno muovendo ora intorno a me?… Mi viene spontaneo alzare lo sguardo ed osservarmi intorno…. Sguardi assorti nei pensieri lontani chissà dove, considerando per molti le sfumature di colore che si affacciano al di là dei polsini arrotolati…
Sguardi già stanchi, per alcuni, nonostante l’ora del mattino.
Sguardi spenti, per altri, di chi ha tentato forse, ma non è riuscito.
Sguardi fieri, per altri ancora, di chi comunque non ha perso la voglia di provare…
Già, non si diventa “Cognetti” per caso, ma solo dopo aver attraversato la propria vita vivendola con tutta l’intensità possibile…
E, aggiungerei, imparando ad osservare la vita che ci scorre incontro. Proprio come lei, caro Francesco, inconsapevole poeta metropolitano.