Ogni giorno la stessa domanda assale tanti di noi: “Cosa mi metto?”
Noi donne poi, ammettiamolo, rischiamo ritardi, treni persi e tanto altro cercando di abbinare scarpe, sciarpe, orecchini, prestando attenzione a non indossare lo stesso abito del giorno precedente.
Perché non usiamo la stessa attenzione con le parole? Potremmo assortire il nostro armadio dei vocaboli con la stessa cura che dedichiamo a quello degli indumenti. La lingua italiana straborda di termini appropriati per ogni sensazione, vissuto, attrazione… eppure ci impigriamo descrivendo ciò che proviamo o osserviamo facendo sempre uso degli stessi termini.
Anni fa, durante un bellissimo viaggio in Portogallo, alla vista di panorami magnifici sentivo esclamare dalle mie figlie: “Carino! Bello! Figo…” Decisi così di proporre un gioco: ognuno doveva sforzarsi di trovare l’aggettivo più appropriato per ciò che di quello scenario voleva valorizzare e sul quale voleva attirare l’attenzione degli altri: sarà stato il fascino della competizione, non so, so solo che il guanto della sfida fu raccolto, dopo pochi minuti stavamo assistendo a uno spettacolo non più interessante ma mozzafiato, eravamo di fronte a una vista non solo bella ma spettacolare, ammiravamo un paesaggio suggestivo e così via.
Rifletto su questi aspetti mentre ascolto un audiolibro di cui presto vi parlerò e che, mentre cammino, mi costringe a un esercizio di memoria per fissare nella mente termini inusuali, non affettati, né arcaici, semplicemente meno usati ma così appropriati da rendere il lettore più che mai partecipe di ciò che viene raccontato. Ascolto e apprendo, assorbo, meravigliata dalla maestria di chi ha saputo scrivere così tante pagine riuscendo a concedere a ognuna di esse la stessa cura, la medesima attenzione, vestendole tutte con termini calzanti. Curiosi eh?
Ammiro questa capacità cui tutti dovremmo ambire, affinando l’abilità dell’ascolto, concentrandoci nella lettura, permettendo alle parole di restare impigliate nella rete di pensieri della nostra immaginazione, pronte ad essere sfruttate al momento giusto, al posto giusto.
Le parole vanno indossate, come un abito vanno mutate a seconda dell’occasione, dell’interlocutore; così come ci diverte cambiarci d’abito, perché non trovare lo stesso gusto nel diversificare il repertorio di vocaboli ogni tanto? Immaginate: un guardaroba di parole assortito che tutti potremmo avere gratuitamente!
Mi state leggendo con lo sguardo perplesso? I lettori amici si stanno chiedendo quale trauma mi abbia resa bislacca? A proposito, bella questa vero?
Niente in particolare cari amici, solo l’amore per una lingua ricca il cui potenziale è sfruttato da pochi, ignorato da molti.
Queste riflessioni mi hanno ispirato la creazione di una nuova rubrica: le parole da indossare. Allestirò un guardaroba e ci metterò dentro le parole che conoscerò o riscoprirò con le mie letture condividendole con voi, proprio come ci si scambia una borsa o un pullover con la propria sorella. A corto di idee? In cerca di termini nuovi? Aprite l’armadio, cercate l’outfit giusto per la vostra occasione, usatelo. Non serve restituirlo.
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