Sono le dieci del mattino; il sole, sopra le nuvole, compare come una visione: sono passati quattro giorni dall’ultima volta che l’ho visto splendere, o scrutare il mondo velatamente dall’alto; sul volo da Reykjavik a Francoforte, mi riapproprio dell’alternanza giorno notte, e penso al popolo che ho conosciuto, abituato a vivere mesi godendo solo di quattro ore di luce al giorno.
E così mi sono apparsi gli islandesi: un popolo in costante e perfetto equilibrio tra giorno e notte, Europa e America, tra un grande attaccamento alla conservazione delle tradizioni, e un’estrema modernità nell’utilizzo delle nuove energie. Riescono miracolosamente ad armonizzare gli opposti, sono capaci di tenersi materialmente bilanciati su un terreno che continua ad aprirsi sotto i loro piedi, complice l’essere attraversati dalla dorsale medio atlantica;
convivono tranquillamente con una natura foriera di potenziali catastrofi amandola profondamente, elogiandone le manifestazioni più suggestive, sfruttando il grande interesse che il loro paese sta riscuotendo nel mondo.
Quanto al nostro comune interesse, cari lettori, non potevo rinunciare a un’incursione in libreria. Ne sono uscita con quanto di più tradizionale: miti e saghe islandesi, una lettura sicuramente diversa, atmosfere mitologiche, che non si faticano a ritrovare nei paesaggi visitati, dove ci si aspetta di vedere sbucare da dietro un masso un dispettoso troll, e dove il vento, il buio e il mare burrascoso aiutano a rievocare i naufragi dei vichinghi su queste coste, e le avventure narrate tra le pagine dei libri appena acquistati.
Mi piace vedere il mondo, ma ancor più conoscerne gli abitanti, e tornare ogni volta con un insegnamento in più. Stavolta ero partita con in testa solo la mia caccia all’aurora boreale; sono tornata con molto di più: il ricordo dello spettacolo del cielo notturno è affiancato dalla manifestazione vigorosa, violenta e turbolenta della natura, dall’approccio a uno stile di vita diverso, produttivo senza essere frenetico, e dal ricordo di un popolo, orgoglioso della propria identità che promuove con garbo e sottovoce e che, proprio come la terra che abita, può essere definito semplicemente unico.
PS per il lettori interessati all’aurora boreale, che non l’avessero già letto, segnalo il mio post “The green lady” dicembre 2015.
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