“Mamma, ma l’amico del nonno in quale campo di concentramento è stato?”
“Non ne ho idea”.
” Ma era bambino quando lo deportarono?”
“No, credo fosse un giovane, ma cosa sono tutte queste domande?”
“Venerdì, per il giorno della memoria, vorrei portare a scuola le foto che abbiamo scattato l’estate scorsa, a Sachsenhausen..”
Già, l’estate scorsa, un long week end a Berlino, dove tra il Berliner Dom, Alexanderplatz e la Gedaechtniskirche ho infilato una giornata fuori città, un viaggio in treno di un’oretta fino al campo di concentramento di Sachsenhausen; esperienza che sapevo avrebbe toccato le corde più profonde delle mie figlie, come Dachau aveva colpito le mie tanti anni prima.
“…e volevo raccontare qualcosa dell’amico del nonno, Sandro.:”
“Sai chi può darci queste informazioni?”
“Il nonno?”
“No, la fonte diretta: Sandro. Domani lo chiamiamo”
E’ così che mi ritrovo, in un freddo pomeriggio di gennaio, vicino alla scrivania, occupata da mia figlia intenta a prendere appunti, mentre parla al telefono con Sandro, un eccezionale uomo di quasi 98 anni, arguto e saggio, simpatico e affabile, che risponde con lucida memoria e chiarezza di concetti, alle domande puntuali e profonde di una dodicenne. Discorrono i due, una con la scaletta della sua intervista sottomano, intenta a non perdere una parola, un ricordo dell’altro, che immagino seduto in poltrona, concentrato nel racconto, con lo sguardo perso nei ricordi, dolorosi, pesanti, mitigati dalla serenità di una vita riacciuffata dopo un anno e mezzo di prigionia, e vissuta appieno, tra affetti, soddisfazioni professionali e tutto quanto può condire una vita ben vissuta.
Ascolto la loro conversazione: futuro e passato si incontrano nel porto franco del presente che fortunato li accoglie entrambi: io, quasi un’intrusa, per una volta silente, assorbo, apprezzo, scrivo.
La telefonata finisce, gli occhi della mia giovane reporter sono ancora emozionati, continua a guardare i suoi appunti, ripercorre i passaggi dell’intervista, attenta ad aggiungere dettagli.
L’intervistato nel frattempo sta chiamando, lo scopro in serata, mio padre, per dirgli quanto gli abbia fatto piacere essere stato utile, malgrado in alcuni punti la memoria non lo abbia supportato completamente.
Ripenso a quanto successo e mi rendo conto, ancora una volta, della ricchezza nascosta in un dialogo, del tesoro racchiuso nelle vite di chi ci ha aperto la via, e di quanto possa darci il confronto con persone che hanno visto, vissuto, sofferto, ciò che noi abbiamo appreso leggendo pagine e pagine, o solo guardando film.
Per una volta le fonti della ricerca scolastica non sono state tratte da Wikipedia, ma da una persona cara che oggi ne ha aiutata un’altra a crescere, e conoscere.
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Indimenticabile.
Sono orgoglioso di chi scrive, figlia e nipote. Da qualche parte ho letto che il Signore non turba mai la pace dei suoi figli se non per procurargli una gioia maggiore. Il tuo lungo periodo a casa, senza lavoro, hai saputo investirlo bene nei tuoi figli. Brava, chi semina raccoglie, e ora raccogliamo i frutti. Nonno Paolo
Se gli studenti di oggi potessero avere la possibilità di confrontarsi con persone che hanno vissuto certe esperienze sulla propria pelle la scuola sarebbe sicuramente più interessante. Brava l’intervistatrice