Da oggi smetto di fumare, da oggi mi metto a dieta, da oggi comincio a correre, da oggi insomma prendo un impegno che non manterrò, o che agevolmente modificherò in modo da renderlo meno “impegnativo”. Il primo giorno dell’anno è un giorno carico di propositi, abbiamo lasciato il peso dei bilanci sulle spalle del 31 dicembre, lo abbiamo quasi abbandonato nel vecchio anno, caricandolo di tutte le iniziative non concluse, o delle aspettative disattese. Chiusi a chiave i risultati ottenuti, e tutti i piani incompiuti nel 2015, oggi ci sentiamo leggeri, pieni di belle speranze, pregustiamo i nostri futuri successi, ci vediamo già più belli, più magri, più sani.
Ognuno ha i suoi progetti, e anche io ne ho parecchi, inoltre voglio mantenere un impegno: quello di concludere la giornata sempre più spesso con una buona lettura, e non con la televisione.
Il libro ha il grande pregio di essere scelto, e quello altrettanto prezioso del silenzio: non urla, non si impone sulle voci dei presenti, al contrario suggerisce pensieri, rimanda a immagini, ricordi, emozioni.
Non voglio demonizzare il comune elettrodomestico, ma vorrei che diventasse meno invadente, che imparasse a rispettare i tempi della famiglia, lasciando spazio alla conversazione, e soprattutto vorrei che non ci sorprendesse con gratuità volgarità, come successo questa notte, qualche minuto dopo aver brindato al 2016.
Il cronometro che scandisce gli ultimi minuti dell’anno vecchio e i primi del nuovo anno, rende la televisione invitato di tutte le feste: qualunque avvenimento si sia organizzato tra le mura domestiche, sia esso un cenone, una festa, o un informale incontro tra amici, alle 2330 si accende la tv su uno dei programmi appositamente confezionati per il Capodanno, e ci si affida al countdown televisivo per essere certi di stappare in perfetto sincronismo.
3, 2, 1.. auguri! Ed eccoci nel futuro, allegri e fiduciosi; improvvisamente, ancora col calice in mano, tra un messaggio di auguri e un cucchiaio di lenticchie restiamo silenti, non convinti di aver sentito bene, eppure a tutti sembra che dal video che regna al centro del salotto sia stata proferita un’imprecazione: ci scambiamo sguardi interrogativi finché la conferma arriva perentoria: un cantautore italiano, chiaramente supportato dall’organizzazione, ha scelto di terminare la sua performance con discutibile gusto, con una canzone il cui titolo è “Vaffaxxxxx “e una, due, tre volte echeggia il suo personale saluto: deciso, ripetuto, così convinto da sembrare rivolto personalmente a ciascuno di noi, attoniti telespettatori.
Ecco cosa mi piace di un libro, il gusto di un lettore non va a prevaricare quello di chi gli sta accanto, il linguaggio di un autore, se non apprezzato, rimane chiuso tra le sue pagine, e va a impilarsi tra i volumi non terminati, non consigliabili e certamente mai più riaperti.
Sentirsi sbattuto in faccia un insulto, volgare e gratuito, a pochi minuti da affettuosi auguri e buoni propositi, mi è sembrato davvero troppo. Non sto a dilungarmi su quelli che credo siano doveri di una tv di stato, vorrei solo sapere: il mio disappunto si perde nel vuoto, echeggia in un immaginario deserto, oppure è condiviso?
Non nego che nel corso dell’anno la mia mente abbia più e più volte espresso il proprio stato d’animo proferendo lo stesso epiteto, e ripetendolo convinta che fosse l’unico, inequivocabile e adeguato invito a un personaggio disonesto, una pratica discutibile o un politico platealmente “sporco”. Ma non per questo ho costretto chi mi stava accanto a subire il mio malcontento, ascoltare una volgarità, essere contagiato dal mio malumore.
Ecco un altro buon motivo per me per spegnere la televisione, congedarla dal mio fine giornata, e lasciarla fuori dalla serale riunione familiare attorno alla tavola, e dallo scambio, utile e produttivo di quanto fatto, detto e raggiunto dall’alba al tramonto da ciascuno dei sui componenti.
Ecco, da oggi butto fuori di casa, almeno alla sera, la presenza invadente, impertinente e ingombrante della tv. Pagine vecchie e nuove, ingiallite o digitali, arrivo!
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